Grazie direttore Dastoli. Il mio ringraziamento a lei va anche per aver intrapreso con il Ministero, in particolare con il mio ufficio, una importante iniziativa per promuovere attività molteplici di comunicazione sul territorio e quindi aiutarci a far conoscere meglio il nostro programma. Oggi è un po' difficile iniziare a parlare del programma operativo nazionale "Ricerca e Competitività 2007-1013 senza fare delle considerazioni che vanno ad innestarsi nella sua attuazione. C'è una crisi in corso molto importante, indicazioni forti anche della Commissione europea, di tutti i paesi, per trovare delle misure, delle iniziative soprattutto anti-cicliche e a breve per contrastare la crisi. Questo, devo dire la verità, da un lato ci preoccupa ma dall'altro ci conforta aver costatato, in un incontro con la Commissione europea che si è svolto a Roma il 20 marzo, che si continua a considerare fondamentale l'impianto del programma operativo. Che cosa vuol dire? Il nostro programma operativo "Ricerca e Competitività 2007-2013" per le regioni della convergenza, ha un obiettivo molto ambizioso: accrescere nelle regioni della convergenza la capacità di produrre ed utilizzare ricerca di qualità per l'innesco di uno sviluppo duraturo e sostenibile. Stamattina abbiamo ascoltato due relazioni molto interessanti, quella del direttor Jacob e anche quella del dottor Giovanni Colombo che ci hanno evidenziato alcuni elementi molto importanti circa il ruolo che la ricerca e l'innovazione possono svolgere per non solo contrastare una crisi quale è quella attuale, ma soprattutto per far si chè non si cavalchi soltanto un'azione che si profila come risolutiva a breve termine ma che vengano mantenute le scelte e che vengano, comunque, prese iniziative imprenditoriali per fare in modo che il tessuto imprenditoriale del nostro paese, in particolare delle regioni della convergenza, possa essere competitivo, basandosi su alcuni elementi molto importanti come quello di sostenere la capacità di ricerca scientifica e tecnologica.
In questi campi c'è un investimento non adeguato rispetto alla media europea, una necessità ulteriore di potenziamento della capacità scientifica delle nostre strutture che deve essere assolutamente sviluppato. In questa sede vorrei sottolineare che l' impegno del Ministero, sia a livello ordinario che sui fondi strutturali, ha raggiunto nella precedente programmazione 2000-2006 grandissimi risultati. I risultati sono stati valutati dal valutatore indipendente, e sono menzionati nei rapporti, non solo quelli di metà periodo, ma soprattutto quelli di approfondimento in cui si riscontra l'intenzione di circa il 93% delle imprese che hanno usufruito degli investimenti del PON di continuare a fare ricerca, di continuare a investire. Questo ci ha dato la possibilità di valutare la forza, la capacità e la grande opportunità che l'investimento nella ricerca, prevalentemente in collaborazione con le università e gli enti di ricerca, ha determinato. Dico ancora un altro dato importante: circa il 20 per cento delle imprese che hanno usufruito del finanziamenti del PON facevano ricerca industriale per la prima volta. Quindi c'è stata una reale capacità di avvicinare le imprese alla ricerca. Nelle regioni interessate (Obiettivo 1) siamo riusciti ad inoculare una certa capacità, una certa voglia, una certa propensione ad innovare. Siamo riusciti, in qualche modo, a promuovere delle Reti, siamo riusciti ad innescare, anche attraverso l'importante intervento sul capitale umano.
A tal proposito sono molto dispiaciuta perché la nuova programmazione non ci consente di investire molto sul capitale umano per il quale gli investimenti sono soltanto con una flessibilità del 10 per cento, l'attuale programma come sapete, è co-finanziato soltanto dal FESR.
Oggi sempre di più nella ricerca, lo sottolineava adesso il professor Ugo, la risorsa umana è determinante. Anche qui abbiamo avuto risultati incredibili. Intanto siamo riusciti a superare un forte gap tra le regioni del centro-nord e quelle del mezzogiorno, nel numero di ricercatori.
Abbiamo raggiunto grandi risultati, riconducendo alcune lauree deboli verso specializzazioni che consentiva poi una capacità lavorativa importante in settori rilevanti. Questo lo dico perché vorrei che fosse chiaro che non cominciamo a lavorare dal niente. E' vero che l'investimento in ricerca nel nostro paese è ancora basso, però come ha sottolineato il dottor Jacob, è soprattutto basso l'investimento in ricerca del privato, la struttura del nostro sistema produttivo è evidente non facilita l'investimento privato se questo non viene catturato, trascinato, se l'imprenditore non conosce che vantaggi può avere dall'investire e dal, per esempio, far entrare un ricercatore nella propria azienda. Abbiamo messo a punto un sistema di audit molto importante che ora è a disposizione di tutte le regioni, di tutti i territori che lo vorranno utilizzare, questo con l'Istituto Tagliacarne nell'ambito di un progetto pilota, il DIRCE, perché gli imprenditori hanno detto: abbiamo finalmente capito che per noi la ricerca è fondamentale. Aiutateci ancora a procedere in questo progresso. Chiaramente non avere una dotazione di fondo sociale in questa programmazione, non voglio dire che vanifica le possibilità di successo della programmazione, perché chiaramente sono molte le variabili che interagiscono, però non dà quella spinta e quella forza che sarebbe stata necessaria. Tanto è vero che proprio nell'incontro con la Commissione abbiamo chiesto la possibilità di poter non usare questa flessibilità in termini rigidi, anche contabilistici, ma calcoliamola sul programma, andiamo a vedere dove, per esempio, abbiamo una linea di laboratori pubblico-privati, e il bando prevedeva al minimo il 10 per cento per la formazione, e tutti hanno chiesto tra il 15 e il 20 per cento, e ora ci troveremo a non poter finanziare questo surplus. Ho fatto questa introduzione per dire che questo Programma partendo dall'esperienza del passato ha le potenzialità per dare un reale sostegno per le regioni della convergenza al fine di innescare questo processo duraturo.
Gli obiettivi specifici del Programma sono molto importanti, vanno nella direzione di produrre mutamenti strutturali e rafforzare il potenziale scientifico, promuovere le reti, inoculare questa capacità e stimolare le specializzazioni HIGH-tech per far si ché le nostre regioni della convergenza non debbano soltanto rincorrere il centro nord e l'Europa ma fornire gli elementi per dare la possibilità di un reale sviluppo non uno sviluppo a rincorsa.
Quando abbiamo elaborato il Programma abbiamo ragionato su quali erano, alla luce dell'analisi di contesto effettuata, le criticità e le principali tipologie di intervento da attivare, abbiamo sempre ragionato in una logica di integrazione.
Sullo schermo dietro di me vedete passare delle parole che rappresentano le parole chiave del nostro Programma.
La prima in assoluto che avete visto è integrazione.
Che cosa significa? Integrazione tra le politiche e le strategie, quindi una integrazione con le strategie di Lisbona, Goteborg, con la strategia sull'occupazione, con la strategia e la politica soprattutto di coesione e con la politica del Quadro Strategico Nazionale. Il QSN ha portato delle grandi novità. Per la prima volta ha postulato una politica regionale unitaria, cioè una convergenza programmatica di tutte le risorse nazionali e comunitarie verso gli obiettivi e le priorità individuate. Questo per noi è stato un punto fondamentale perché ha innestato un lavoro importante, determinante per far si che questa tipologia di azione potesse svilupparsi. Altro punto fondamentale del QSN è il sostegno alle politiche comunitarie con abbondanti risorse nazionali del fondo aree sottoutilizzate. Purtroppo, come voi sapete, per i programmi nazionali c'è stata una forte sterzata. Noi speriamo ancora che le risorse confluire sul fondo dell'economia reale possano supportare adeguatamente il PON "Ricerca e Competitività" perché, vi ricordo, il PON era supportato da un analogo programma co-finanziato con le risorse delle aree sotto-utilizzate, addirittura di importo superiore, infatti il PON - FESR pesa 6 miliardi e 200 milioni di euro, il programma PAN - FAS ne pesava 7 miliardi e 200 milioni ed aveva una componente importante, circa 600 milioni, anche per le aree del centro nord e delle altre regioni del mezzogiorno.
Quale era il valore aggiunto di questa programmazione? Era quello di fare si che la programmazione delle aree Convergenza potesse dialogare, essere integrata, coniugarsi con quella delle altre regioni del mezzogiorno ma soprattutto con le regioni del centro nord, quindi sviluppare reti e processi di dialogo.
Abbiamo visto quanto è difficile far dialogare non solo attori che provengono dalla stessa filiera, quindi le università, i centro di ricerca e le imprese, ma far dialogare fra loro università, imprese, centri di ricerca, ecc. Ancora, l'integrazione, e qui mi ricollego alla presentazione del direttore Jacob, con altri programmi comunitari, in particolare il VII programma quadro, nella logica di creare sinergia, concentrazione e non sovrapposizione, al fine di sfruttare al meglio tutte le risorse. Ma questa politica, queste scelte sono nate, e qui ci tengo a sottolinearlo, da un'altra parola chiave, cioè dal confronto. Il nuovo PON è il primo esempio di collaborazione in Italia tra due Ministeri con competenze istituzionali importanti, Ricerca e Competitività, che uniscono le loro forze e lavorano insieme per fare un programma unitario. Anche questo nella logica dell'integrazione, perché fintanto che un Ministero lavora separato dall'altro non dialoga, non integra i propri interventi. Se deve attuare un unico Programma sicuramente deve lavorare in maniera sinergica, in maniera integrata nella quotidianità sia nella fase di programmazione che nella fase di attuazione e di valutazione. Ma non solo c'è stata questa integrazione e questo confronto con il Ministero dello sviluppo economico che è titolare di circa una metà del nostro Programma, ma anche con le regioni. Altro momento rilevante è stato orientato a fare un'azione che consentisse di massimizzare e valorizzare le risorse dei Programmi nazionali e dei programmi regionali, pur nella identità degli obiettivi e delle priorità da perseguire, la definizione degli ambiti, la precisa linea di demarcazione per poter fare massa critica e per poter complementare le azioni. Altrettanto si è fatto con le altre amministrazioni centrali, perché nel programma ci sono due importanti azioni strategiche: quelle che afferiscono all'ambiente e quelle che afferiscono alla società dell'informazione. Il confronto è stato fondamentale nella fase di avvio della programmazione, anche con la Commissione europea abbiamo dialogato a lungo alcune volte anche con toni un poco aspri, ma questo capita sempre quando si vuole raggiungere un obiettivo, poi la condivisione delle scelte, fondamentale nella fase di negoziazione, ma ancor più adesso lo sarà nella fase di attuazione.
Noi abbiamo avviato dal Comitato di Sorveglianza, che si è tenuto il 9 maggio del 2008, un lavoro di istruttoria, un lavoro di analisi approfondita con le regioni per individuare i loro fabbisogni, le priorità, le tipologie di azione nell'ambito degli obiettivi operativi che il Programma deve conseguire e, quindi, identificare quelle che sono per le diverse regioni le possibilità di intervento. Quindi ci stiamo muovendo con un disegno a geometria variabile, perché le regioni della convergenza non sono tutte uguali, hanno diverse potenzialità, diversa anche capacità produttiva, diversa capacità scientifica e tecnologica ed hanno bisogno anche di azioni mirate. Abbiamo fatto tutto questo senza mai perdere di vista la possibilità di far dialogare e far lavorare insieme le quattro regioni della convergenza al fine di innestare anche delle azioni che hanno un carattere sovra-regionale. Questo postula un'altra importante parole che è quella della governance. Quindi ci stiamo muovendo su una governance multi-livello, una governance istituzionale importante, quella del Ministero dell'istruzione, università e ricerca e quella del Mise, ma che tiene conto delle regioni, in questi giorni siamo in fase avanzata di definizione sia del protocollo di intesa con le regioni che sarà firmato speriamo a breve dal ministro Gelmini e dai presidenti delle regioni, ma anche con la stipula degli accordi di programma quadro che daranno il varo operativo alle azioni con l'emanazione dei bandi.
Speriamo di avere al più presto questo decollo finale ed iniziale nello stesso tempo. Ed ecco la parola chiave che forse è la più importante. Quando abbiamo fatto la presentazione del programma un giornalista mi ha chiesto: ma delle parole che lei ha enunciato, quale è quella che per lei è più importante? Io ho risposto l'ascolto. Soltanto capendo bene, ascoltando sul territorio le imprese, le università, gli enti di ricerca, le parti economiche e sociali, tutti i soggetti potenzialmente interessati ed anche il grande pubblico. Anche in questa ottica la collaborazione con la rappresentanza è stata particolarmente gradita perché ci consente di lavorare e di ampliare il nostro bacino di utenza ma anche di ascolto.
Poter tarare le azioni messe in campo e poter capire strada facendo cosa stiamo realizzando, se lo stiamo facendo bene, quali sono i punti di criticità, quali sono i punti di forza, è per noi essenziale, infatti crediamo che non basta soltanto fare una buona valutazione, altra parola per noi che ricorre, perché il nostro programma è improntato, come il precedente consentitemi di dirlo un po' orgogliosamente, alla qualità ed all'eccellenza. Pertanto la valutazione è un elemento portante, non ci siano limitati a fare la valutazione prescritta dai regolamenti comunitari, abbiamo fatto molto ma molto di più in termini di valutazione con commissioni specifiche per la valutazione quali- quantitativa delle attività di formazione, per una valutazione sul placement delle attività sviluppate, per l'approfondimento della valutazione di metà periodo sulla attività di ricerca industriale e di potenziamento strutturale che avevamo avviato. Questo sta a significare che per noi la valutazione è fondamentale anche per indirizzare le scelte nella programmazione nuova.
Un'altra parola importante è l'accompagnamento. Che cosa vuol dire? Vuol dire fare formazione. Questo lo possiamo fare purtroppo molto poco perché non abbiamo il fondo sociale, però un po'di risorse nell'asse III dove si possono fare attività di formazione, le abbiamo mantenute, nell'ambito comunque di un budget contingentato, perché abbiamo maturato molto esperienza nella programmazione 2000-2006, quindi siamo in grado di trasferire queste competenze alle regioni, siamo in grado di accompagnare il percorso su tematiche così complesse e così difficili, soprattutto quelle della formazione per le quali abbiamo veramente maturato sul campo l'esperienza approfondita. Volevo ancora dire che il successo di un programma è dato dalla sintesi del lavoro congiunto di tutte le forze e di tutti gli operatori e dell'impegno e la motivazione che possono profondere a ciascun livello e a ciascun ramo, orizzontale e verticale, tutti i soggetti coinvolti. Noi, come si suol dire, ce la stiamo mettendo tutta. Purtroppo la crisi, ma anche tutti i processi di rivisitazione che sono intervenuti ci stanno un po' ostacolando, però mi sento di poter affermare che l'impegno che metteremo sarà ancora maggiore per poter superare degli ostacoli che non avevamo previsto. Siamo contenti oggi di aver dato questa testimonianza in questo importante convegno perché il triangolo della conoscenza vede due componenti portanti del PON "Ricerca e Competitività", la ricerca e l'innovazione, e quindi ci sentiamo proprio a casa nostra. Grazie.