Laureata in Scienze Agrarie
Apre un agriturismo dove cucina e gestisce cavalli
Nel '93 vince una borsa di studio in Agro- biotecnologie bandita dall'Unione europea, si specializza in genetica delle piante (Facoltà di Agraria)
1994 Nigeria - Borsa di cooperazione internazionale
1995 San Diego - Progetto ad "estremo rischio" in applicazione bio- medica
2004 Napoli - Fonda Arterra Bioscience srl
Gabriella Colucci dalla California torna a Napoli e grazie alle sue ricerche sul biotech diventa la "principessa" delle aziende di cosmesi internazionali. In laboratorio sconfigge i segni che il tempo lascia sulla nostra pelle ma dopo le "otto ore di lavoro" consiglia a tutti la lettura della "Metafisica dei tubi" di Amelie Nothomb.
"Un cervello in fuga" che rientra in Italia. Qual è stata la sua esperienza?
Nel '95 dopo un periodo di studio in Australia sono sbarcata a San Diego, nel laboratorio del professore Maarten J. Chrispeels dove ho avuto una fortuna incredibile perché sono stata inserita in un progetto definito "ad estremo rischio" di applicazione bio-medica per l'identificazione di un gene di una pianta, di un fagiolo, che ha un'azione chemio-protector ovvero protegge le cellule staminali del sangue dalla radioterapia e dalla chemioterapia. Dopo questa esperienza l'Università della California mi ha segnalata ad una società farmaceutica statunitense che voleva costituire una start up incentrata sull'applicazione bio-medica delle piante e così sono stata assunta a capo del gruppo di biologia-molecolare delle piante.
In questa occasione ho conosciuto il mio capo, anche lui europeo, lo scozzese Marteen J. Chrispeels e Fabio Apone.
Poi per una serie di scelte personali ho deciso di tornare in italia, a Napoli, ma portandomi via qualcosa dell'esperienza americana. E così nel 2004 ho costituito la società Arterra Bioscience a Napoli che si occupa di biotecnologieh (agrochimica e biotecnologia??), anche grazie all'aiuto di Luigi Nicolais all'epoca assessore Assessore dell'Università e della Ricerca Scientifica, Innovazione Tecnologica e Nuova Economia.
A Napoli mi hanno seguito anche Fabio (ndr Fabio Apone ancora in Arterra) e altre due ragazze americane.
Nel 2005 l'Isagro ha comprato il 22% di Arterra affidandoci contratti sull'agricoltura.
Poi nel 2007 con il progetto GenoPOM (ndr progetto cofinanziato dal PON Ricerca e Competitività) abbiamo iniziato a sviluppare un primo prodotto per l'agricoltura e mentre scrivevamo il brevetto è emerso che la composizione assomigliava ad un collagene (della pelle) e così abbiamo iniziato a giocare e a fare tester gli amici.
Per una serie di circostanze sono andata a fare una dimostrazione all'Intercos che mi ha proposto un piccolissimo contratto per dimostrare come la cosmetica può beneficiare della biotecnologia. Da lì abbiamo fatto una presentazione della nostra materia prima al comitato tecnico dell'Estée Lauder a New York.
La presentazione è andata benissimo, abbiamo preso nuovi impegni con Intercos e nel 2010 abbiamo creato con loro una Joint venture che si chiama Vitalab e che commercializza questi principi attivi.
Possiamo dire che sei arrivata alla cosmesi grazie al PON Ricerca e Competitività?
Sicuramente, grazie al progetto GenoPOM finanziato dal PON abbiamo avuto il primo brevetto, il BioNYMPH PEPTIDE e poi abbiamo scoperto altri 6 principi attivi.
Anche attraverso un confronto con l'esperienza negli Stati Uniti qual è il suo giudizio riguardo alla politica europea per la ricerca e l'innovazione?
Credo che la disponibilità di risorse e di opportunità create dall'Europa sia molto buona mentre da parte dei governi italiani il problema è quello della lentezza nell'erogare i Fondi, e se questo non rappresenta un problema per i soggetti pubblici è un suicidio per le aziende private.
Poi personalmente, ma questo è il mio punto di vista, non sono d'accordo con la promozione di grandissimi progetti, preferisco un piccolo progetto che porta a risultati nel breve periodo perché vedere i risultati della ricerca attraverso piccoli obiettivi aiuta a lavorare meglio. Non credo, d'altra parte, che ci sia bisogno di creare grandi network dove inserire le masse critiche perché oggi con internet e la globalizzazione questo problema del network è superato.
Mary Osborn, biochimica inglese impegnata già dagli anni '90 nel dibattito europeo sulla presenza delle donne nel mondo scientifico, in un'intervista al Sole 24 ore, alla domanda su quali consigli darebbe alle giovani donne che vogliono far ricerca nelle scienze naturali risponde "pensare alla carriera da subito e con questo intendo anche riflettere su se, quando e come sposarsi e/o avere dei figli". Cosa pensa al riguardo?
In questo mondo qui penso che sia vero, in Italia, ma per tutti i mestieri. Io nella mia esperienza ho incontrato molte donne ricercatrici, sposate e con figli che erano in grado di gestire la famiglia benissimo. Quello della ricerca è un mestiere trascinato da una passione grandissima per cui probabilmente una mamma mentre sta preparando la pastina per il figlio continuerà a pensare perché l'esperimento di laboratorio non le è riuscito ... Ma questo capita a chiunque ami il proprio lavoro, per il resto è un lavoro come tutti gli altri da otto ore al giorno. Secondo me chi lavora più di otto ore al giorno sta perdendo tempo perché il nostro cervello non è in grado di ragionare oltre, e dopo le otto ore in laboratorio si creano errori, si spreca materiale senza risultato. Essere un ricercatore è come essere un artista, è un mestiere guidato dalla passione ma questo non significa non essere contento e soddisfatto della propria vita personale. Non bisogna però confondere la passione con lo schiavismo, penso che i giovani ricercatori vengano spesso utilizzati in maniera sbagliata.
Negli Stati Uniti è più facile per una donna ricercatrice assumere posizioni di potere?
Non credo assolutamente che sia così, anzi la società americana è molto più dura. Certamente negli Stati Uniti una donna, così come un uomo, deve porsi in maniera paritetica quando si relaziona con le altre persone con cui si relaziona. Non esistono favoritismi legati al genere è solo una questione di professionalità.
Ti piace leggere, ci indicheresti qualche titolo tra i tuoi preferiti?
In generale uno dei libri che ho letto con grosso piacere è "Il nome della rosa" di Umberto Eco, un altro è "Le memorie di Adriano" e poi mi piacciono molto i giapponesi, il mio ultimo amore è Murakami lo trovo geniale. Mentre tra le nuove generazioni mi piace molto quella "matta furiosa" di Amelie Nothomb con il suo delizioso "La metafisica dei tubi".
E poi quale altre passioni?
Mi piace moltissimo il giardinaggio.
Ho fatto scherma per vent'anni e ho vinto un titolo italiano e poi ho fatto equitazione per tanti anni.
Mi piaceva viaggiare ma ora sono stanca, l'ho fatto troppo in passato.
Lavorare ma senza esagerare, non lavoro mai la sera né il sabato e la domenica. Parto il venerdì pomeriggio e torno a Napoli il lunedì mattina pronta a portare una carica positiva perché è un bell'esempio per i giovani che lavorano con te l'atteggiamento di affrontare il mondo positivamente.